Impronte, elaborazione emotiva del ricordo

Nelle mie giornate, quando ne ho il tempo, faccio ricerche sulle cose più diverse. Può iniziare da una parola, da un argomento che non conosco, da un ricordo, da un progetto su cui sto lavorando. Cercare, è una costante. Parto da un punto e non so dove arrivo, spesso resta solo una curiosità soddisfatta, talvolta si apre una voragine.

Poi stamattina, volevo inviare una foto a Laura De Tomasi perché anche quest’anno ricorderemo Efrem Raimondi il 16 febbraio con una carrellata di fotografie di chi lo porta nel cuore indelebilmente. Ma ci avevo provato già mercoledì scorso mentre stavo esportando l’ultimo editing da consegnare all’agenzia e prima di andare a prendere Lea alla materna, poi giovedì, venerdì … e il fastidio è cresciuto per la sensazione di star procrastinando.

Il fatto è che i dubbi mi assalgono, questo non è un mio progetto, non è un assignment, non sto editando per l’agenzia, né per un altro fotografo. È altro. Cerco nell’archivio recente o vado indietro? Sfodero dal cilindro i negativi con le foto che ho fatto a Efrem o resto sul simbolico? Cosa sarà più adatto, cosa sento nel cuore? Tutto si sovrappone, accumula, fatico.

Sono stati giorni densi, è mancata una nonna, una Donna incredibile e sfuggente a ogni definizione soprattutto per me che sono stata accolta in questa parte della famiglia solo da qualche anno. Un’altra Donna, che non c’è più da un anno, aveva il compleanno pochi giorni prima, la mia icona di cosa sia l’amore più profondo e il rispetto per il mondo, la vita e gli altri, la Famiglia oltre limiti e confini (come la intendevamo noi), Anita. E poi ho pensieri per gli Amici che spero non mollino mai. L’inverno si porta sempre via qualcosa, e a un certo punto speri solo che sia abbastanza.

Così in mezzo a tutto mi perdo. È parte fondamentale delle mie ricerche: permettermi il tempo per perdermi. Vitale per tutto l’equilibrio. Rischioso se diventa senza fine. Ascolto musica. Trovo un video di una flower farm, lo sguardo finisce sui bulbi sulla mia libreria. Devo ancora finire di piantarne. La Vita in nuce. Tulipani gialli per me, direttamente dalle mani del nonno di cui ricordo gli occhi sorridenti.
Penso a cosa sia la memoria e inizio a digitare sul motore di ricerca “memo …” che mi suggerisce: cerca “memoria identitas biagi”. Il mio sguardo da concentrato diventa seccato, infastidito e penso: ma tu – google – vuoi propormi me stessa, ma sarai fastidiosamente autoreferenziale?!
Mi infastidisco a tal punto che solo dopo un’ora buona riesco a cambiare prospettiva, è così importante per me la memoria che è lo stesso google a ricordamelo. È un tasto delicato ed è per questo che fatico a trovare le parole e le immagini, perché ho una enorme consapevolezza di quanto possano diventare un marchio, fissare un ricordo “falso”, travisarlo, decontestualizzarlo. È anche il motivo per cui amo le immagini e la loro polisemia.

Per me è più facile costruire una sequenza quando devo mostrare al meglio un mobile di design o l’installazione floreale di concezione giapponese, o raccontare una storia, o ritrarre persone immerse nelle loro passioni o al lavoro. Posso dare il massimo senza temere. In questo campo non temo nemmeno di proporre visioni azzardate, o interpretazioni personali perché “la fiducia” coi miei clienti è reciproca. Una gran soddisfazione lo ammetto.

Ma la fotografia per me non è solo questo. E allora voglio ben altro da questa unica foto che sceglierò. Niente “impatto”, niente “wow”. Solo un ritratto, verde, in un parco in un pomeriggio di maggio con la mia famiglia in vacanza in una città a cui sono affezionata. Equilibrio. Zurigo.

Salvia Sclarea. Zurigo, 2022

A posteriori, aggiungo:

La fotografia… quella maiuscola, quella minuscola.
Bisogna misurarsi con la fotografia se intendi usarla.
Non come un’etichetta, una dichiarazione di intenti delusi, una ricerca di collocazione.
Proprio usarla e che non sia la declinazione stemperata di un qualsiasi mercato al quale ambire.
Se invece non ti misuri, non la usi, rischi di essere solo UN fotografo.”

Efrem Raimondi

È tratto da un post di Efrem. Leggetelo tutto, ne vale la pena. http://blog.efremraimondi.it/fotografia-e-caos/
Per me, ma per molti altri ne sono certa, il suo blog resta un luogo dove tornare a cercare le tracce del suo pensiero. Sempre lucidissimo.